Il riconoscimento è un atto mediante il quale uno o entrambi i genitori trasformano il fatto della procreazione (di per sé insufficiente per creare un rapporto giuridico) in uno stato di filiazione (figlio riconosciuto) che è rilevante per il diritto.
Procedimento per il riconoscimento
La dichiarazione di riconoscere un figlio nato fuori del matrimonio è un atto solenne e irrevocabile e deve essere alternativamente formalizzata:
- nell’atto di nascita;
- in una dichiarazione davanti all’Ufficiale dello stato civile;
- in un atto pubblico (sono quelli redatti davanti ad un pubblico ufficiale, quale ad es. un notaio);
- in un testamento (qualsiasi sia la forma).
- in una domanda presentata al Giudice Tutelare.
Il riconoscimento contenuto in un testamento produce i suoi effetti solo dal giorno in cui è morto il testatore.
Una volta effettuato, il riconoscimento non può più essere revocato (neppure tramite testamento).
A seguito del D.lg. 154/2013 ora possono essere riconosciuti anche i figli cosiddetti incestuosi (figli nati da genitori tra i quali esiste un rapporto di parentela o di affinità) previa autorizzazione del giudice avuto riguardo all’interesse del figlio e alla necessità di evitare allo stesso qualsiasi pregiudizio. Riforma epocale se si considera che in passato il riconoscimento non poteva essere fatto nei confronti dei di genitori in mala fede (che cioè erano consapevoli del loro rapporto di parentela o affinità).
Capacità di effettuare il riconoscimento
Per poter effettuare il riconoscimento è necessario aver compiuto il sedicesimo anno di età.
Se il genitore non ha ancora compiuto sedici anni, e quindi, non può riconoscere il figlio, quest’ultimo non può essere posto in stato di adottabilità fino al raggiungimento, da parte del genitore stesso, dell’età necessaria per il compimento del riconoscimento a condizione che, nel frattempo, il minore sia assistito dal genitore naturale o dai parenti.
Il riconoscimento può essere fatto sia da entrambi i genitori sia da uno solo di essi (in questo caso, però, non vi possono essere indicazioni che riguardino l’altro e, se ci sono, sono senza effetto).
Se uno dei genitori ha già effettuato il riconoscimento, l’altro genitore che intenda farlo deve ottenerne il consenso.
Se il consenso viene rifiutato, il genitore può rivolgersi al tribunale che, valutato l’interesse del figlio, può concedere un’autorizzazione.
Se il figlio da riconoscere ha già sedici anni, ne occorre il consenso.
Con la legge n. 219 del 2012 e la successiva integrazione del D.lgs. 154/2013, il figlio nato fuori dal matrimonio può essere riconosciuto dalla madre e dal padre, anche se già uniti in matrimonio con un’altra persona all’epoca del concepimento.
Inoltre, il limite di sedici anni di età dei genitori per effettuare il riconoscimento è ora abbassato, risultando sufficiente il compimento dei quattordici anni.
Il consenso al riconoscimento, a differenza di quanto accadeva nella normativa previgente, non potrà più essere rifiutato se corrisponde all’interesse del figlio e, se ciò avvenisse, è sempre possibile rivolgersi al giudice competente.
Impugnazione del riconoscimento
Il riconoscimento può essere impugnato:
- per difetto di veridicità: il riconoscimento non corrisponde al vero in quanto il soggetto riconosciuto non è stato procreato da chi ha dichiarato solennemente di esserne il genitore;
- per violenza all’autore del riconoscimento: se l’autore del riconoscimento è stato costretto con violenza (anche se il riconoscimento corrisponde a verità);
- incapacità derivante da interdizione giudiziale (strumento di protezione volto a privare della capacità di agire soggetti in condizioni psicofisiche tali da renderli incapaci a provvedere ai loro interessi): l’autore del riconoscimento, anche se corrisponde al vero, non era capace di valutarne le conseguenze.
L’impugnazione per difetto di veridicità può essere azionata (solo dando la prova con ogni mezzo che il rapporto di filiazione non esiste) sia dal genitore stesso (che può agire anche quando era consapevole che il riconoscimento non corrispondeva a verità) sia da chi è stato riconosciuto (che può avere un interesse morale) sia da chiunque abbia interesse (per esempio gli eredi dell’autore del riconoscimento o il vero genitore).
Chi è stato riconosciuto, se minorenne o interdetto, non può impugnare il riconoscimento salvo che il giudice, su istanza del minore che abbia sedici anni o del tutore, nomini un curatore speciale.
Se il riconoscimento è stato fatto per errore o dolo (a seguito di un inganno) ma corrisponde a verità, prevale l’interesse del figlio.
Quando è impugnato il riconoscimento il Giudice può prendere dei provvedimenti provvisori per tutelare il figlio.
Con la recente modifica legislativa del 10.12.2012 l’azione di impugnazione del riconoscimento diventa imprescrittibile (non soggetta ad alcun termine) solo per il figlio mentre sarà soggetta ad un termine di decadenza da parte degli altri legittimati.
Effetti del riconoscimento
Il riconoscimento comporta da parte del genitore l’assunzione di tutti i doveri e i diritti che ha nei confronti dei figli concepiti durante il matrimonio.
Se il figlio viene riconosciuto contemporaneamente da entrambi i genitori assume il cognome del padre, altrimenti del genitore che lo ha riconosciuto per primo.
Se il padre lo ha riconosciuto dopo la madre, il figlio può scegliere di assumere il cognome paterno aggiungendolo, anteponendolo o sostituendolo a quello della madre: se il figlio è minore questa decisione viene presa dal giudice (previo ascolto del minore che abbia compiuto 12 anni oppure anche di età inferiore se capace di discernimento).
Se il figlio non viene riconosciuto il nome e il cognome gli vengono attribuiti dall’ufficiale dello stato civile e, nel caso in cui sia riconosciuto solo in età adulta, ha il diritto di mantenere il nome che gli era stato attribuito.
Responsabilità genitoriale
Tra gli effetti del riconoscimento vi è l’assunzione della responsabilità genitoriale.
Se il riconoscimento è stato fatto da tutti e due i genitori, l’esercizio spetta ad entrambi e, se sono conviventi, si applicano le norme generali sulla responsabilità dei genitori.
Se i genitori non convivono, l’esercizio spetta al genitore con il quale il figlio convive o, se non convive con nessuno, al primo che ha fatto il riconoscimento.
Il giudice, valutato l’interesse del figlio, può escludere entrambi i genitori dall’esercizio della responsabilità e nominare un tutore.
Il genitore che non esercita la responsabilità ha il diritto e il dovere di vigilare sull’istruzione, sull’educazione e sulle condizioni di vita del minore.
Inserimento del figlio riconosciuto nella famiglia del genitore
Con la legge n. 219/2012 il riconoscimento produce effetti non solo verso i genitori ma, altresì, verso i parenti: l’innovazione non è di poco conto se si pensa che la prole venuta alla luce da genitori non coniugati può vantare legami giuridici con il genitore che ne abbia effettuato il riconoscimento.
In quest’ottica, il D.lgs. 154/2013 ha interamente riformato l’art. 317 bis del codice civile che ora legittima anche gli ascendenti a ricorrere al Tribunale dei Minorenni nel caso in cui sia impedito il loro diritto di mantenere rapporti significativi con i nipoti minorenni.
La normativa previgente prevedeva che il figlio naturale rimanesse fuori dalla famiglia del genitore che lo aveva riconosciuto (non diventava parente o affine dei parenti del genitore).
Quando il riconoscimento di un figlio naturale minorenne viene effettuato da una persona sposata, il giudice può decidere se affidare il minore al genitore adottando ogni misura volta a tutelare l’interesse del figlio.
Il figlio naturale non può, però, essere inserito nella casa coniugale se non vi è il consenso del coniuge (e dei figli nati nel matrimonio del genitore che ha compiuto il riconoscimento e che abbiano più di sedici anni) e dell’altro genitore naturale che abbia effettuato il riconoscimento.
In quest’ultimo caso è sempre necessaria l’autorizzazione del giudice che stabilisce le condizioni a cui devono attenersi i genitori.
Se una persona si sposa dopo che aveva già riconosciuto il figlio naturale, questi può essere inserito nella casa coniugale se già conviveva con il genitore o se l’altro coniuge ne conosceva l’esistenza e dà il consenso (è comunque necessario il consenso dell’altro genitore naturale).