Testamento in favore di chi si prenderà cura di me: è valido?

Individuazione degli eredi non indicati nel testamento: testamento in favore di chi mi curerà e mi assisterà. 

Avviene talvolta che una persona, in età avanzata, nel fare testamento voglia lasciare i propri beni, o gran parte di essi, in favore di coloro che gli staranno più vicino nel momento del bisogno, che si prenderanno cura di lui, che lo accudiranno, lo manterranno e lo assisteranno in caso di malattia. Così è possibile ritrovare una formula di questo questo: «Lascio i miei beni in favore di chi mi curerà» o «a chi mi aiuterà» o, ancora, «a chi, tra tutti, si prenderà più cura di me». 

La genericità di tali clausole potrebbe far sorgere il sospetto che si tratti di un testamento nullo: sia perché non viene spiegato cosa si debba intendere per “cura” (potrebbe trattarsi di una cura materiale o anche economica), sia perché non viene definita la “soglia minima” entro cui possa parlarsi di cura (è tale anche quella di chi fa una telefonata al giorno?). 

Di qui il quesito legale: «È valido il testamento in favore di chi si prenderà cura di me?». Cerchiamo di fare il punto della situazione.

Indicazione degli eredi

Il testamento è l’atto con cui vengono istituiti gli eredi e i legatari. Tale contenuto è quindi quello “minimo” affinché l’atto possa considerarsi valido.

Ai sensi dell’articolo 628 del codice civile «è nulla ogni disposizione fatta a favore di persona che sia indicata in modo da non poter essere determinata». Al contrario, è valida la disposizione testamentaria in cui la persona sia determinabile, ossia individuabile in base ad un criterio che, sebbene non consenta di conoscere il beneficiario al momento della redazione del testamento, servirà a specificarlo dopo la morte del testatore mediante riferimento ad una situazione futura.

È necessario però che l’individuazione futura dell’erede sia certa e non dia adito ad equivoci. Quindi, ben potrebbe essere valido un testamento in favore «del figlio che verrà a vivere con me negli anni precedenti alla mia morte» ma non lo sarà il testamento in favore del «figlio più buono e caritatevole nei miei confronti» proprio per la genericità di quest’ultima formula e l’impossibilità di identificare il beneficiario in base a criteri oggettivi. 

Come chiarito dalla Cassazione, ai fini della validità di un testamento, non è necessaria l’indicazione nominativa nel testamento della persona onorata, a condizione che la stessa sia immediatamente e individualmente determinabile in base a precise indicazioni fornite dal testatore  oppure da elementi esterni al testamento, come la cultura, la mentalità e l’ambiente di vita del testatore.

È anche possibile un testamento in favore dei poveri, purché si identifichino le strutture (ad esempio, la Caritas locale) a cui rivolgersi per indicazioni più precise. 

Testamento in favore di chi mi curerà

Una sentenza della Cassazione del 2011, ha ritenuto valido il testamento fatto «in favore di chi mi curerà»: secondo la Corte, infatti, tale formula consente – attraverso la valutazione di elementi esterni – di risalire all’identità del beneficiario dopo un’analisi della situazione di fatto sussistente alla data della morte del testatore. È a quest’ultima infatti (e non alla data di redazione del testamento) che bisogna far riferimento per verificare se il beneficiario del testamento è identificabile o meno. 

Sarà bene riportare le stesse parole della Cassazione per togliere ogni dubbio in proposito: «Ai fini dell’identificazione del soggetto beneficiario di una disposizione testamentaria, che non sia individuato nominativamente, occorre richiamarsi non alla situazione in essere all’atto della redazione del testamento, bensì a quella che si sia via via realizzata fino alla morte del testatore in relazione alle sue future esigenze di vita, in modo da verificare se, al momento dell’apertura della successione, la formulazione contenuta nella scheda testamentaria possa consentire l’individuazione del destinatario attraverso il criterio della determinabilità indicato dall’art. 628 c.c., essendo possibile che il testatore si riferisca ad una situazione futura dalla cui realizzazione emerga in modo inequivocabile l’individuazione del soggetto beneficiato, anche qualora si tratti, al momento della redazione del testamento, di persona non conosciuta. (Nella specie, la Corte ha cassato la pronuncia di secondo grado che aveva ritenuto nulla per indeterminatezza la scheda che identificava il beneficiario in “chi mi curerà“, ritenendo che il giudice di merito fosse tenuto a verificare l’esistenza di una o più persone che si fossero prese cura del “de cuius” dell’epoca di redazione del testamento alla sua morte)».

Dunque, secondo la Cassazione, è valido il testamento «in favore di chi mi curerà».

In realtà, la pronuncia pone il fianco ad alcune critiche. Il concetto di cura è, infatti, suscettibile di diverse interpretazioni: può considerarsi tale la cura economica o solo quella materiale (di chi, ad esempio, assiste fisicamente l’anziano)? È cura anche quella medica (si pensi al figlio che va a fare le punture alla madre o che le compra le medicine) o quella morale (si pensi alla figlia che giornalmente telefona alla madre, perché residente in un’altra città, preoccupandosi del suo stato di salute)? Qual è la “soglia minima” per poter parlare di cura? Si può ad esempio ritenere sussistente la cura da parte di chi si limita a fare la spesa quotidiana in favore del genitore o deve per forza trattarsi di somme cospicue?

Tutte queste incertezze potrebbero portare un giudice a ritenere nulla la disposizione testamentaria in favore di “chi si prenderà cura di me”. E, difatti, così è avvenuto. Il tribunale di Lucca ha stabilito che «La menzione di persona o persone che abbiano aiutato o assistito il “de cuius”senza specificazione del tipo di assistenza ed aiuto ricevuto e senza indicazione del tempo e del luogo della ricevuta assistenza, non consente di individuare i beneficiari della disposizione», pertanto in tal caso il testamento sarebbe nullo.  

Diversa potrebbe essere l’indicazione del testamento in favore «di chi, più di tutti, si prenderà cura di me»: in questo caso, viene messa in atto una sorta di competizione tra tutti i potenziali eredi, sicché sarà possibile per il giudice identificare quale sia stato, alla morte del de cuius, il soggetto che si sia maggiormente impegnato in favore di quest’ultimo. 

Testamento in favore di chi si prenderà cura di me e rispetto della legittima

In ogni caso, il testamento fatto «in favore di chi si prenderà cura di me» deve sempre rispettare le quote minime dovute, per legge, agli eredi legittimari (coniuge e figli o, in assenza di questi ultimi, genitori). Se tali soggetti non dovessero essere menzionati, si avrà che il testamento, seppur valido, sarà soggetto all’azione di lesione della legittima dei legittimari. Sicché, la disposizione «in favore di chi mi curerà» si riterrà riferita solo alla quota disponibile, quella cioè al netto delle quote riservate ai legittimari. 

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