È revocabile l’assegno di mantenimento a favore del figlio maggiorenne non autosufficiente a causa della sua colpevole inerzia (Cass. Ord. 18785/2021)
La Corte di Cassazione con l’ordinanza 30 marzo 2021 – 2 luglio 2021 n. 18785 (testo in calce) conferma l’orientamento secondo cui si deve escludere che l’assegno di mantenimento persegua una funzione assistenziale, incondizionata e illimitata, per i figli maggiorenni disoccupati. Infatti, l’assegno è revocabile qualora i figli non abbiano ancora raggiunto l’autosufficienza reddituale per colpa, ad esempio, a causa di un comportamento negligente o per inettitudine o trascuratezza. Inoltre, l’avanzare dell’età è un elemento rilevante.
Infatti, l’età nella quale si è concluso il percorso di studi fa presumere che la persona sia ormai inserita nella società e che la mancanza di indipendenza economica derivi da una sua inerzia colpevole. Tale presunzione è vinta dalle situazioni in cui vi siano ragioni individuali specifiche, quali problematiche di salute o peculiari contingenze personali oppure motivi oggettivi.
La vicenda
Un uomo agiva in giudizio per ottenere la modifica delle condizioni patrimoniali tra gli ex coniugi ed otteneva la revoca dell’assegno a favore della ex moglie, la quale aveva instaurato una nuova convivenza more uxorio. Veniva, altresì, revocato l’obbligo di mantenimento a favore della figlia per molteplici ragioni: l’età della ragazza (ormai ventiseienne), la poca propensione allo studio e lo scarso impegno mostrato nel proseguire l’attività commerciale del padre. Si giunge così in Cassazione.
La revoca dell’assegno a favore del figlio maggiorenne
La Suprema Corte ritiene che il giudice del gravame abbia correttamente illustrato le ragioni sottese alla revoca dell’assegno a favore della figlia maggiorenne. La decisione è stata fondata sull’inerzia della ragazza nel cercare un’occupazione e sull’assenza di un progetto formativo. La valutazione sul comportamento neghittoso della giovane è stata fondata dalla sentenza impugnata sul rifiuto dell’offerta lavorativa del padre ed integra un accertamento di fatto non sindacabile in sede di legittimità. Gli ermellini richiamano la recente giurisprudenza ( Cass. 12952/2016; Cass. 17183/2020 ) secondo la quale l’obbligo di mantenimento a beneficio dei figli, anche maggiorenni, sussiste solo nel caso in cui non abbiano ancora raggiunto l’autosufficienza reddituale, senza loro colpa. Infatti, se è vero che sussiste l’obbligo di mantenere i figli sino a che non abbiano raggiunto una propria indipendenza economica, è parimenti vero che vi sono dei limiti, perché non è corretto che il genitore debba mantenere un figlio nullafacente.
In relazione alla mancanza di un progetto formativo, “il diritto del figlio maggiorenne al mantenimento si giustifica all’interno e nei limiti del perseguimento di un progetto educativo e di un percorso formativo, tenendo conto delle sue capacità, inclinazioni ed aspirazioni, considerato che la funzione educativa del mantenimento è nozione idonea a circoscrivere la portata dell’obbligo di mantenimento, sia in termini di contenuto, sia di durata, avendo riguardo al tempo occorrente e mediamente necessario per il suo inserimento nella società” (Cass. 5088/2018; Cass. 12952/2016).
L’assegno di mantenimento non ha funzione assistenziale illimitata
L’assegno di mantenimento per i figli maggiorenni che siano disoccupati non persegue una funzione assistenziale illimitata e incondizionata. L’obbligo a carico del genitore può cessare nell’ipotesi in cui il mancato raggiungimento dell’indipendenza economica sia dovuto:
- alla mancanza di impegno verso un progetto formativo che conduca al raggiungimento di competenze professionali,
- a fattori oggettivi contingenti o strutturali legati all’andamento dell’occupazione e del mercato del lavoro.
Infatti, “la strutturale impossibilità di acquisire una capacità reddituale idonea a garantire almeno il grado minimo di autosufficienza economica, ove disancorata dai requisiti sopra illustrati, su cui poggia l’assegno di mantenimento per i figli maggiorenni non autosufficienti, confluisce negli obblighi alimentari”. In altre parole, il figlio, che perda il mantenimento, ha sempre titolo per richiedere un assegno alimentare (art. 433 c.c.), qualora vi siano i presupposti.
La cessazione dell’obbligo di mantenimento e l’età del figlio
Secondo i precedenti di legittimità, richiamati dalla Corte (Cass. 5088/2018; Cass. 12952/2016), la valutazione, in ordine alla sussistenza del diritto della prole al contributo al mantenimento, deve avvenire tramite un accertamento di fatto, considerando:
- l’età,
- il conseguimento effettivo di un livello di competenza professionale e tecnica,
- l’impegno profuso nella ricerca di un lavoro,
- la complessiva condotta da tenuta, a partire dal compimento del diciottesimo anno d’età.
In particolare, assume un valore significativo il raggiungimento di un’età – 26 anni nel caso di specie – in cui il percorso scolastico normalmente è concluso. Infatti, la mancanza di autosufficienza economico-reddituale rappresenta un indicatore forte d’inerzia colpevole, fatti salvi i casi in cui vi siano ragioni individuali specifiche (come motivi di salute o altre situazioni peculiari).
Conclusioni
In conclusione, la Corte di Cassazione ha ritenuto che la sentenza gravata abbia fatto buon governo dei principi sopra esposti giungendo al convincimento che il mancato raggiungimento dell’indipendenza economica da parte della figlia dipendesse da una sua colpevole inerzia. Il giudice di merito ha considerato l’età della ragazza, ormai ventiseienne, e il suo rifiuto ingiustificato di proseguire l’attività commerciale del padre che le aveva messo a disposizione un locale. Infine, la scarsa propensione della ragazza allo studio e gli altri elementi sopra esposti rappresentano delle circostanze sufficienti a legittimare la revoca dell’obbligo di mantenimento a carico del padre.