Lei casalinga per volere di lui: spetta il mantenimento?

L’ex moglie resta a casa a badare alla famiglia su richiesta dell’ex marito e, a matrimonio finito, si trova per strada. Può chiedere l’assegno divorzile?

«Tesoro, non ti preoccupare: il mio stipendio basta per mantenere la famiglia, sono un dirigente affermato. Meglio che tu lasci il lavoro e ti dedichi ai bambini e alla gestione della casa. Così non dovremo affidare i figli a degli estranei. Alla parte economica, ci penso io». Un ragionamento più comune di quello che si crede, anche a Terzo millennio ben inoltrato. Chi pensa che queste sono cose che si dicevano 50 o 60 anni fa, si sbaglia: c’è chi ancora ritiene che, reddito permettendo, la soluzione migliore sia quella dell’uomo che porta avanti la carriera ed assicura stabilità economica e perfino qualche capriccio e della donna che bada alle cose pratiche del ménage familiare. Giusta o sbagliata che si possa ritenere, è una scelta rispettabile verso chi la adotta. Passa il tempo, però, i figli crescono, vanno a scuola, cominciano a farsi la loro vita. E lei si ritrova a casa, sempre più sola, con la voglia di rimettersi in gioco. Cosa non impossibile, ma nemmeno semplice, ad una certa età. L’entusiasmo finisce e con lui, piano piano, anche l’amore. Arriva la separazione, poi il divorzio. E il dubbio atroce: se lei è casalinga per volere di lui, spetta il mantenimento? Oppure il marito potrà sempre dire che la moglie era d’accordo e che, quindi, non è colpa sua se la sua vita è stata tutta pannolini e cucina, riunioni a scuola e ferro da stiro, supermercato e pulizie?

Almeno, intanto che trova un’occupazione, la donna potrà contare sui soldi del marito perché, secondo una sentenza del tribunale di Prato, quando è stato lui a volere che lei lasciasse il lavoro per dedicarsi alla famiglia, ha tutto il diritto di chiedere l’assegno. Vediamo perché.

Assegno divorzile: quando se ne ha diritto?

L’assegno divorzile viene determinato quando c’è una disparità economica tra gli ex coniugi e uno dei due deve garantire non già lo stesso tenore di vita avuto durante il matrimonio (succede solo durante la fase di separazione) ma soltanto l’autosufficienza economica, se e quando il beneficiario non riesce a mantenersi da solo. Significa che, ad oggi, la regola del tenore di vita non vale più.

A rigor di logica, e stando a questa norma, chi ha la capacità di lavorare ma non lo voglia fare non può pretendere l’assegno. Tuttavia, il giudice valuta diversi criteri prima di pronunciarsi in merito. Si tratta:

  • dell’età del richiedente: più è giovane, più è in grado di trovare un lavoro e, quindi, meno probabilità ha di incassare l’assegno;
  • il titolo di studio o il livello di formazione professionale: più sono alti, più sarà probabile trovare un’occupazione;
  • le esperienze lavorative pregresse;
  • lo stato di salute: più è compromesso e più difficile sarà procurarsi un lavoro;
  • la zona di residenza: più è economicamente depressa, meno chances di lavoro ci saranno.

Assegno divorzile: se lei ha lasciato il lavoro per lui

Nel valutare se un ex coniuge ha diritto o meno all’assegno divorzile, viene valutata anche l’eventualità che il richiedente abbia rinunciato al proprio lavoro per dedicarsi alla famiglia, consentendo così all’ex (di solito, il marito) di far carriera e di arrivare ad avere un reddito che, a matrimonio finito, gli consenta di essere economicamente autonomo.

Qualche anno fa, le Sezioni unite della Cassazione stabilirono che questi sacrifici professionali fatti dal coniuge durante il periodo di convivenza devono essere ricompensati. Recentemente, questo concetto è stato ribadito dal tribunale di Prato, con una sentenza che ha riconosciuto a una donna il diritto all’assegno divorzile a causa della disparità reddituale dei due. In pratica, lui era riuscito a diventare un imprenditore di successo con un importante patrimonio anche grazie al fatto che l’ex moglie, nuda proprietaria di una villa insieme al fratello, era rimasta a casa durante il matrimonio a badare alla famiglia su richiesta di lui. Il discorso fatto all’inizio: «Tesoro, non ti preoccupare che ci penso io a tutto».

Per il giudice toscano non c’è alcun dubbio: «L’uomo avrebbe e ha continuato a dedicarsi alla propria attività lavorativa e, data la sua indubbia capacità economico-reddituale, avrebbe e ha provveduto a tutte le esigenze e i bisogni della famiglia, mantenimento della moglie compreso, mentre la donna si sarebbe e si è dedicata alla gestione della casa e alla cura del nucleo familiare, assumendosi tutti gli obblighi connessi alla conduzione della vita in comune».

Ciò vuol dire, ovviamente, che lei ha rinunciato alla possibilità di far carriera o, quanto meno, di affermarsi da un punto di vista lavorativo accumulando esperienza ed allargando una rete di contatti essenziali per poter mantenere una certa posizione. Tutto ciò le è stato negato dalla richiesta del marito di restare a casa e, pertanto, l’ex moglie si trova maggiormente in difficoltà al momento di reinserirsi nel mercato del lavoro per non dipendere da nessuno dopo il divorzio. Ragion per cui, conclude il tribunale di Prato, l’ex marito è tenuto a riconoscere l’assegno alla ex.

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