Divorzio: i figli mantengono lo stesso tenore di vita

La Cassazione ricorda che il figlio ha diritto di essere mantenuto da entrambi i genitori in proporzione alle rispettive possibilità e a mantenere lo stesso tenore di vita a prescindere dall’assegno di mantenimento per l’ex coniuge.

Assegno di mantenimento per l’ex e per il figlio minorenne

Quando il giudice deve stabilire la misura dell’assegno divorzile dell’ex moglie non occorre che tenga conto del tenore di vita goduto dalla stessa in costanza di matrimonio. Detto criterio infatti ad oggi non rileva più. Diverso il caso in cui si deve quantificare l’assegno di mantenimento per il figlio minore, che invece ha diritto ad essere mantenuto da entrambi i genitori in proporzione alle proprie sostanze e che allo stesso sia garantito lo stesso tenore di vita goduto durante la convivenza con loro. A stabilirlo l’ordinanza della Corte di Cassazione n. 15774/2020 (sotto allegata).

La Corte d’appello riforma la sentenza di primo grado e dispone l’affidamento del figlio a entrambi i genitori, la collocazione presso la madre, l’esercizio congiunto della responsabilità genitoriale limitatamente alle decisioni più importanti e incarica il servizio sociale del Comune di proseguire nel sostegno e nella mediazione anche per fare in modo che padre e figlio riprendano i rapporti. La Corte pone a carico del padre anche il pagamento del 50% delle spese straordinarie, previo accordo con la madre, conferma l’assegno divorzile in favore della donna di 1300 euro e di 3000 euro per il figlio.

L’ex marito in sede d’appello chiede la revoca dell’assegno divorzile in favore della moglie senza però indicare le ragioni sopravvenute che dovrebbero giustificare il venir meno di tale obbligo, la Corte pertanto, dopo aver esaminato la documentazione fiscale degli ex coniuge, lo conferma per garantire alla moglie lo stesso tenore di vita, visto che le condizioni economiche del marito sono notevolmente migliorate. Congruo per la Corte anche l’assegno per il figlio sedicenne, alla luce del naturale incremento delle esigenze di un adolescente e per assicurargli un tenore di vita adeguato alle elevate disponibilità economiche del padre.

Importo assegno di mantenimento  troppo elevato

Il padre però ricorre in Cassazione sollevando ber sette motivi di ricorso.

  • Con il primo lamenta l’entità degli importi da corrispondere alla moglie e al figlio, stante l’assenza dei presupposti richiesti per il loro riconoscimento e l’assenza di indagini necessarie a giustificarne l’entità.
  • Con il secondo lamenta l’insussistenza dei requisiti richiesti dalla legge per il riconoscimento di assegni così elevati e l’omessa valutazione delle prove acquisite, visto che la valutazione della congruità degli importi è stata effettuata senza considerare i dati reddituali dei coniugi e senza la prova del tenore di vita goduto dalla moglie durante il matrimonio. La Corte ha poi erroneamente ritenuto che la donna, nonostante la giovane età e la sua capacità di ricollocarsi sul lavoro, si trovasse nell’impossibilità di procurarsi i mezzi necessari a mantenere lo stesso tenore di vita goduto durante il matrimonio.
  • Con il terzo fa presente che l’entità dei patrimoni delle famiglie coniugi non rilevano ai fini della determinazione del quantum dell’assegno di divorzio.
  • Con il quarto rileva come la Corte non abbia preso in considerazione la durata del matrimonio.
  • Con il quinto contesta l’entità dell’assegno da corrispondere al figlio stante l’assenza di prove che dimostrino le sue aumentate esigenze di vita e che nel determinare l’importo la Corte non abbia tenuto conto del fatto che ha già 50 anni e che anche lui ha diritto ad una vita dignitosa.
  • Con il sesto evidenzia come nel determinare l’assegno per il figlio si sia solo tenuto conto dello squilibrio reddituale dei genitori, senza indicare le reali esigenze del minore, tanto che l’importo si è trasformato in qualche modo in un contributo ulteriore per l’ex.
  • Con l’ultimo motivo chiede infine che gli assegni vengano determinati nella stessa misura stabilita in sede di separazione ossia 1000 euro per la ex moglie e 2500 per il figlio.

Il figlio deve mantenere lo stesso tenore di vita, non la ex moglie

La Cassazione, al termine dell’esame dei vari motivi presentati dal ricorrente, decide di accogliere il secondo terzo e quarto motivo, di dichiarare inammissibili il primo e il settimo e di rigettare il quinto e il sesto, cassando la sentenza nei limiti suddetti e rinviando alla Corte d’Appello in diversa composizione anche per decidere sulle spese del giudizio di legittimità.

Inammissibile il primo motivo perché la Corte non ha trascurato di tenere conto delle richieste avanzate dal ricorrente in sede di precisazione dello conclusioni. Il fatto è che lo stesso non ha illustrato per quali ragioni sopravvenute gli assegni dovessero essere modificati nei loro importi.

Il secondo il terzo e il quarto motivo invece sono fondati e quindi vanno accolti. La Corte, per quanto riguarda l’assegno divorzile della ex moglie ribadisce come, alla luce delle recenti pronunce giurisprudenziali, la funzione equilibratrice del reddito degli ex coniugi dell’assegno divorzile “non è finalizzata, peraltro, alla ricostituzione del tenore di vita endoconiugale, ma al riconoscimento del ruolo e del contributo fornito dall’ex coniuge economicamente più debole alla formazione del patrimonio della famiglia e di quello personale degli ex coniugi.”

Evidente pertanto che la Corte d’Appello non si è attenuta ai suddetti principi. E’ infatti emerso che la ex moglie è un insegnante e lavora in modo stabile, che non è chiaro per quanto tempo la stessa abbia sacrificato la professione di architetto per dedicarsi al figlio, così come non sono stati valutati ai fini della quantificazione la durata del matrimonio e il contributo eventuale dato dalla donna alla formazione del patrimonio familiare. Fondata anche la doglianza con cui il padre ha fatto presente che non si devono prendere in considerazione i patrimoni della rispettive famiglie perché tale criterio non è previsto dall’art. 5 della legge n. 898/1970.

Infondati il quinto e il sesto motivo perché la Corte ha applicato correttamente il principio secondo cui “sussiste a carico dei genitori l’obbligo di provvedere al mantenimento dei figli in misura proporzionale al proprio reddito, dovendo il giudice tenere conto, nella determinazione dell’assegno, oltre alle esigenze del figlio, il tenore di vita dallo stesso goduto in costanza di convivenza e le risorse economiche dei genitori, nonché i tempi di permanenza presso ciascuno e la valenza dei compiti domestici e di cura da loro assunti.”

Inammissibile il settimo motivo perché si traduce nella richiesta di diminuire gli importi degli assegni e conseguente procedere a valutazioni di merito non consentite in sede di legittimità.

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