Covid-19, uno dei genitori si oppone al vaccino: il figlio può vaccinarsi?

Il Tribunale di Monza (Decreto 22 luglio 2021) autorizza la somministrazione con il consenso informato sottoscritto dalla madre, anche in assenza del placet del padre

Nel secondo anno dell’emergenza pandemica, tra cortei no vax e no mask, ci sono minori che, seppur ancora privi della capacità d’agire, nelle storie di Instagram narrano la propria volontà di aderire alla campagna vaccinale, proposta dal Ministero della Salute agli over 12. Un genitore asseconda tale atto, espressione di amor proprio e civiltà, mentre l’altro si oppone, manifestando le proprie perplessità, e collegandole a una ancora non conclusa fase sperimentale e a un’asserita inadeguata valutazione degli effetti collaterali post somministrazione, soprattutto nella fascia di età giovanile.

Cosa può fare l’altro genitore? Nel conflitto tra ex, il giudice potrebbe autorizzare l’inoculazione del figlio? E, nell’eventualità, chi potrebbe sottoscrivere il relativo consenso informato, anche in assenza del consenso dell’altro genitore?

La cronaca, da nord a sud, racconta di fattispecie similari. Una tra le prime soluzioni giudiziarie è stata fornita dal Decreto 22 luglio 2021 (testo in calce), Sezione IV Civile, del Tribunale di Monza.

Nei fatti l’ex moglie, dopo essersi consultata col pediatra che segue il figlio ed aver acquisito il consenso verbale dell’ex coniuge, aveva fissato un appuntamento presso il Centro Vaccinale. Il figlio 15enne, aveva infatti espresso la volontà di essere vaccinato per poter partecipare, in modo più spensierato, alle attività scolastiche e sportive. Ma alla ricezione del modulo per il rilascio dell’autorizzazione, il padre aveva rifiutato il proprio consenso. La donna, ricorrendo al Giudice, veniva da questi invitata a depositare una relazione del pediatra curante sullo stato di salute del minore, sulle eventuali patologie sofferte, sulla presenza di stati di allergia o, comunque, di controindicazioni. Tutto negativo.

Il giudice, ha quindi autorizzato la somministrazione del vaccino anti Covid-19 al quindicenne, attribuendo alla madre la facoltà di accompagnarlo presso un centro vaccinale e sottoscrivere il relativo consenso informato, anche in assenza del placet dell’altro genitore.

La comunità scientifica, sia nazionale che internazionale, sulla base di studi continuamente aggiornati, è concorde nel ritenere che i vaccini approvati dalle autorità hanno un’elevata efficacia nel proteggere dalla malattia grave, sia i singoli sia la collettività, ed in particolare i soggetti vulnerabili, con un rapporto rischi-benefici in cui i benefici sono superiori ai rischi. E ciò in tutte le fasce di età, comprese quelle più giovani, che coincidono con quelle in cui la circolazione del virus è più elevata, per la maggiore socializzazione.

Al contempo, nel decreto il giudice ha considerato che l’assenza di copertura vaccinale, soprattutto in presenza di varianti sempre più contagiose, comporta, da un lato, un maggior rischio di contrarre la malattia per i singoli, ivi compresi i minori e, dall’altro, ripercussioni negative sulla vita sociale e lavorativa delle persone e, per quanto riguarda i più giovani, sul loro percorso educativo, limitando la possibilità di accesso alle strutture formative.

L’articolo 3 della legge n. 219/2017 al comma 1, prevede che “la persona minore di età o incapace ha diritto alla valorizzazione delle proprie capacità di comprensione e di decisione…” e al successivo comma 2 che “il consenso informato al trattamento sanitario del minore è espresso o rifiutato dagli esercenti la responsabilità genitoriale o dal tutore tenendo conto della volontà della persona minore, in relazione alla sua età e al suo grado di maturità e avendo come scopo la tutela della salute psicofisica e della vita del minore nel pieno rispetto della sua dignità”.

Il rifiuto opposto dal padre è apparso in contrasto con tale disposizione, sia avuto riguardo alla mancata considerazione della volontà manifestata dal figlio, sia con riferimento alla salvaguardia della salute psicofisica del minore, comportando la mancanza di copertura vaccinale non soltanto un concreto rischio di contrarre la malattia, ma anche pregiudizievoli limitazioni alla sua vita di relazione nei più svariati ambiti.

Nel caso di specie, non sussistevano controindicazioni all’inoculazione, come certificato dal pediatra. Ai fini della risoluzione del conflitto, soprattutto, è stata presa in considerazione la volontà manifestata dall’adolescente. In un sms inviato al padre aveva espresso, con chiarezza, l’intenzione di sottoporsi al vaccino per poter tornare ad una vita normale sia sul piano scolastico che relazionale. Di tale volontà è stato tenuto conto, attesi i suoi 15 anni e 6 mesi.

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