La Cassazione (ordinanza n. 28995/2020) sollecita l’intervento delle SU al fine di chiarire se l’estinzione del diritto all’assegno sia automatico in caso di nuova convivenza.
Il Tribunale di Venezia dichiarava con sentenza la cessazione degli effetti civili del matrimonio ponendo a carico dell’ex marito l’obbligo di versare un assegno mensile oltre quello di contribuire al mantenimento dei figli minori.
Il marito proponeva appello e la Corte di Appello di Venezia, in parziale riforma della sentenza di primo grado respingeva la domanda di riconoscimento dell’assegno divorzile proposta dall’ex moglie avendo costei instaurato una stabile convivenza con un nuovo compagno, da cui aveva avuto una figlia.
In particolare la ex moglie nei nove anni di durata del matrimonio aveva rinunciato ad un’attività professionale, o comunque lavorativa, per dedicarsi interamente ai figli, e ciò anche dopo la separazione personale dal marito che aveva potuto, invece, applicarsi completamente al proprio successo professionale. La donna non è più in età per poter reperire un’attività lavorativa pertanto la medesima aveva vissuto e viveva con i figli dell’assegno divorzile.
Successivamente la ex moglie si era unita all’attuale compagno, da cui aveva avuto una figlia, operaio che percepiva un reddito lavorativo di poco più di mille Euro al mese per di più decurtato dal mutuo per l’acquisto della casa, presso la quale convivevano anche i figli del precedente matrimonio, studenti.
Con la sentenza di divorzio il Tribunale può disporre l’obbligo per un coniuge di corrispondere all’altro un assegno periodico quando quest’ultimo non ha mezzi adeguati o comunque non può procurarseli per ragioni oggettive. La determinazione viene effettuata tenendo conto di diversi fattori tra cui le condizioni dei coniugi, le ragioni della decisione, il contributo personale ed economico dato da ciascuno alla conduzione familiare ed alla formazione del patrimonio di ciascuno o di quello comune, il reddito di entrambi e la durata del matrimonio.
In merito ai criteri per la determinazione dell’assegno si sono poi susseguite una serie di pronunce. A tal proposito ricordiamo la sentenza n. 18287/2018 (Sezioni Unite) posta a fondamento dell’iter argomentativo della Corte. La citata sentenza prende in esame il livello reddituale adeguato al contributo fornito alla vita familiare durante il matrimonio – ferma comunque l’autosufficienza economica – tenendo conto delle prospettive professionali sacrificate e dell’apporto familiare fornito. Pertanto in forza di tale principio il coniuge dovrà dimostrare di trovarsi nell’oggettiva impossibilità di procurarsi tali mezzi anche in ragione del sacrificio professionale a suo tempo fatto per dedicarsi alla famiglia.
Le Suprema Corte afferma quindi che l’assegno divorzile ha una funzione composita: funzione assistenziale perché tutela il coniuge più debole, risarcitorio in ragione della responsabilità per il fallimento del matrimonio nonché perequativo – compensativo al fine di remunerare le rinunce professionali fatte e l’apporto fornito alla vita familiare. Il giudice dovrà quindi necessariamente valutare in via complessiva l’intera storia coniugale.
L’obbligo di corresponsione dell’assegno divorzile cessa quando il coniuge contrae nuove nozze perché in tal caso acquista il diritto all’assistenza economica nei confronti del nuovo coniuge. Dopo un lungo dibattito la giurisprudenza più recente si è poi orientata nello stesso modo in merito alle nuove convivenze, ritenendo che l’instaurazione di una nuova convivenza, determinando l’instaurazione di una nuova famiglia, sebbene di fatto, ha l’effetto di estinguere ogni rapporto precedente al matrimonio e comporta quindi la cessazione del diritto all’assegno (Cass. civ. 2466/2016).
La famiglia di fatto affonda le sue radici a livello Costituzionale nell’art. 2 Cost. e trova piena dignità sia nella Legge n. 76/2016 la quale contiene una dettagliata regolamentazione sia a livello giurisprudenziale. Pertanto in ossequio al principio di auto-responsabilità la persona mette in conto, quale esito della scelta compiuta, il venir meno dell’assegno divorzile e di ogni forma di residua responsabilità post-matrimoniale, rescindendosi attraverso la nuova convivenza ogni legame con la precedente esperienza matrimoniale. (Cass. civ. 2466/2016; Cass. civ. 29317/2019; Cass. civ. 22604/2020).
L’orientamento più recente espresso dalla Corte di cassazione però è nel senso dell’automatismo nella cessazione del diritto all’assegno divorzile non solo a seguito di nuove nozze ma anche di nuove convivenze more uxorio.
Su impulso dell’ordinanza interlocutoria 27 ottobre – 17 dicembre 2020, n. 28995/2020 (testo in calce),la Sezione I della Cassazione pone all’attenzione delle Sezioni Unite un quesito interessante e cioè se la semplice convivenza more uxorio con altra persona provochi, senza alcuna valutazione discrezionale del giudice, l’immediata ed automatica soppressione dell’assegno di divorzile.
I Giudici della Corte sollecitano l’intervento delle Sezioni Unite al fine di rimeditare all’orientamento secondo cui l’instaurazione da parte del coniuge divorziato di una nuova famiglia, ancorché di fatto, sciogliendo ogni connessione con il tenore ed il modello di vita caratterizzanti la pregressa fase di convivenza matrimoniale, determina in modo automatico la decadenza dall’assegno divorzile.
La Corte ritiene che l’indicato automatismo andrebbe riferito al solo, e diverso, caso delle nuove nozze risultando in contrasto con la lettera dell’art 5 legge 898/1970 una diversa tesi.
I Giudici della Sezione I fondano il loro ragionamento sulla citata Sezioni Unite 18287/18 in merito ai criteri di determinazione dell’assegno. Il carattere perequativo – compensativo dell’assegno divorzile volto a remunerare le rinunce professionali fatte e l’apporto fornito alla vita familiare da parte di uno dei coniugi, escluderebbe l’automatismo estintivo dell’assegno divorzile quale conseguenza della nuova convivenza. L’indicato automatismo, prosegue la corte, dovrebbe essere escluso, restando la materia affidata ad un apprezzamento discrezionale del giudice da svolgersi in relazione al caso concreto, ogni qual volta venga in evidenza il carattere compensativo o assistenziale dell’assegno.
L’automatismo degli effetti estintivi dovrebbe essere mediato e contenuto dall’accertamento operato in sede giudiziale circa i caratteri della famiglia di fatto, in quanto formazione stabile e duratura e, ancora, in ragione della solidarietà economica che si realizza tra i componenti di quest’ultima.
La Corte sostiene che se venisse applicato in modo automatico l’estinzione dell’assegno divorzile in caso di nuova convivenza, il principio di auto-responsabilità a cui sono sottoposti gli ex coniugi che costituiscono con altri una stabile convivenza influenzerebbe non solo il futuro ma altresì il passato in riferimento quindi al maturato assegno divorzile.
Il principio di auto – responsabilità non può escludere e per intero, il diritto all’assegno divorzile là dove il beneficiario abbia instaurato una stabile convivenza di fatto con un terzo, in quanto tale principio sacrificherebbe i criteri di determinazione dell’assegno divorzile illustrati dalla sentenza a Sezione Unite citata.
Il principio merita quindi una declinazione più vicina alle ragioni della concreta fattispecie in cui si combinino la creazione di nuovi modelli di vita con la conservazione di pregresse posizioni, in quanto, entrambi, esito di consapevoli ed autonome scelte della persona.
La Sezione I ritiene quindi che possa permanere il diritto all’assegno di divorzio nella sua natura compensativa, attribuendo al giudice di merito l’accertamento dell’esistenza di ragioni per una eventuale modulazione del primo, laddove la nuova scelta di convivenza si rilevi migliorativa delle condizioni economico-patrimoniali del beneficiario e tanto rispetto alla funzione retributiva dell’assegno segnata, come tale, dall’osservanza di una misura di autosufficienza.
La questione per cui la Corte sollecita l’intervento delle Sezioni Unite è quella di stabilire se “instaurata la convivenza di fatto, definita all’esito di un accertamento pieno su stabilità e durata della nuova formazione sociale, il diritto dell’ex coniuge, sperequato nella posizione economica, all’assegno divorziale si estingua comunque per un meccanismo ispirato ad automatismo, nella parte in cui prescinde di vagliare le finalità proprie dell’assegno, o se siano invece praticabili altre scelte interpretative che, guidate dalla obiettiva valorizzazione del contributo dato dall’avente diritto al patrimonio della famiglia e dell’altro coniuge, sostengano dell’assegno divorzile, negli effetti compensativi suoi propri, la perdurante affermazione, anche, se del caso, per una modulazione da individuarsi, nel diverso contesto sociale di riferimento”.