Le sanzioni amministrative elevate ad un veicolo di proprietà del defunto non hanno efficacia nei confronti degli eredi; come difendersi quando vengono contestate.
Tuo padre è deceduto da poco e ad aggravare il recente lutto arriva una raffica di multe per accesso a Ztl avvenuto senza autorizzazione, quando egli era ancora in vita. Ora, l’autovettura che era di sua proprietà è intestata a te; sai, grossomodo, che la morte cancella le multe per le infrazioni stradali compiute dal defunto, ma ti poni la domanda se le multe ad un’auto ereditata vanno pagate oppure se è possibile evitare il versamento.
Inoltre, il problema può accentuarsi nel caso in cui, in relazione alle vicende della successione ereditaria, il verbale di contestazione riporti come proprietario l’erede anziché il defunto, oppure quando non è stato adempiuto l’obbligo di aggiornamento della carta di circolazione. Vediamo quindi cosa prevede la legge in questi casi e quali sono gli obblighi di trasferimento del veicolo al nuovo intestatario, in modo da individuare chi è il responsabile delle violazioni.
Le multe che arrivano agli eredi
La normativa generale sulle sanzioni amministrative – e le multe stradali rientrano in questo ambito – prevede che l’obbligazione di pagare le somme dovute per le violazioni non si trasmette agli eredi. Ciò significa che le contravvenzioni notificate dopo il decesso del trasgressore, sia in forma di verbale di accertamento della violazione sia nei casi in cui sono inserite in una cartella esattoriale, non devono essere più pagate.
Se ricevi un’atto di questo tipo, potrai presentare una richiesta di sgravio all’Ente impositore indicato nel verbale (ad esempio, la Polizia stradale o locale o la Prefettura) ed anche all’Agente per la riscossione nel caso di una cartella di pagamento che contiene una multa precedente e già iscritta a ruolo.
Ma se non perviene una risposta in tempo utile, dovrai ricorrere al giudice di pace o al prefetto, impugnando la multa nei termini previsti e facendo valere la circostanza del decesso.
L’aggiornamento della carta di circolazione
Il Codice della strada [2] dispone che in tutti i casi di trasferimento di proprietà occorre aggiornare la carta di circolazione. Questo obbligo è previsto anche per i trasferimenti mortis causa del veicolo al nuovo intestatario, cioè l’erede, che dovrà provvedere entro 60 giorni dal momento di accettazione dell’eredità.
In caso di inadempimento sono previste sanzioni amministrative fino a 3.526 euro ed è previsto anche il ritiro della carta di circolazione, che verrà rinnovata solo a seguito dell’adempimento delle prescrizioni omesse.
L’eredità rifiutata
In caso di rifiuto dell’eredità (questa manifestazione di volontà è tecnicamente chiamata rinuncia all’eredità) le sanzioni amministrative per le infrazioni commesse con il veicolo intestato al defunto non devono essere pagate. Lo ha stabilito la Corte di Cassazione in una recente ordinanza.
Nella vicenda decisa dai giudici di piazza Cavour, l’erede non aveva eseguito l’aggiornamento della carta di circolazione, ma le multe erano state indirizzate a lui in quanto ne aveva pagate alcune in precedenza ed era stato considerato proprietario del veicolo: il suo nome compariva come tale nei verbali.
Nel giudizio di opposizione il ricorrente ha però sostenuto di non essere affatto il proprietario dell’auto e di aver rinunciato all’eredità della madre. Il Comune aveva, invece, sostenuto che al momento dell’accertamento delle violazioni egli rivestisse la qualità di “chiamato all’eredità” e perciò si fosse verificato un caso di accettazione tacita dell’eredità stessa che lo avrebbe obbligato al pagamento.
Il pagamento di multe precedenti
Ma la Suprema Corte ha ricordato che non è sufficiente una volontà implicita di accettare l’eredità, quale quella che può desumersi dal pagamento di un pregresso debito del de cuius, in questo caso costituito dalla sanzione pecuniaria il cui importo era stato da egli versato successivamente al decesso del genitore: si è trattato di un «atto meramente conservativo», che non ha intaccato il patrimonio e non può essere qualificato come accettazione ereditaria.
Una norma di legge prevede che chi rinuncia all’eredità è considerato come se non vi fosse mai stato chiamato, vale a dire che la rinuncia ha effetto retroattivo. Perciò, è irrilevante – spiega la sentenza qui in commento – che le infrazioni fossero state commesse dopo il decesso ed accertate nel periodo intercorrente tra l’apertura della successione e la rinunzia: in questo caso «non sarebbero nemmeno qualificabili come debiti ereditari, bensì come debiti dell’erede». Infine, il rinunciante all’eredità non aveva neppure l’obbligo di aggiornamento della carta di circolazione, non avendo mai acquisito la proprietà del veicolo.