Il commercialista non invia la dichiarazione? Paga il contribuente

La Cassazione precisa che per il reato di evasione fiscale per omessa dichiarazione è responsabile il contribuente anche se da mandato a un commercialista su cui è obbligato a vigilare.

Reato di omessa dichiarazione per evasione di Iva e Ires

La sentenza n. 16469/2020 della Cassazione (sotto allegata) è interessante soprattutto per la precisazione sulla responsabilità penale del contribuente, che nel reato di evasione fiscale per omessa dichiarazionenon viene meno neppure se l’incarico per la trasmissione è stato conferito a un commercialista sul quale è il mandante è obbligato a vigilare. Il dovere di presentare la dichiarazione dei redditi è infatti personale e indelegabile perché trattasi di un reato omissivo proprio. Per capire come la Corte è giunta a queste conclusioni ripercorriamo l’intera vicenda.

La Corte di Appello, riformando in parte la sentenza di primo grado, condanna alla pena della reclusione di un anno l’imputato per il reato di omessa dichiarazione dei redditi di cui all’art. 5 del dlgs n. 74/2000, disponendo la confisca dei beni che si trovano nella sua disponibilità per un valore di 274.798,00 euro, nella sua qualità di legale rappresentante della società cooperativa a responsabilità limitata contribuente. Il soggetto è responsabile di aver omesso suddetta dichiarazione al fine di evadere, nel periodo di imposta 2011, Iva per 152.918,00 euro e Ires per 121.880, 00 euro.

La colpa è del commercialista che non ha inviato le dichiarazioni?

L’imputato non accetta il verdetto e ricorre in Cassazione sollevando due motivi di doglianza.

  • Con il primo contesta la motivazione soprattutto in relazione alla sussistenza del dolo specifico. Per il ricorrente infatti la sola evasione di per sé non è sufficiente, inoltre non comprende le ragioni per le quali nel giudizio di merito non sia stato dato il giusto peso all’errore del commercialista incaricato, che ha omesso di inviare le dichiarazioni del cliente, così come non si sia tenuto conto della grave crisi che ha colpito la società, che nel 2011 è stata messa in liquidazione a causa di una forte esposizione debitoria di due società clienti dichiarate fallite.
  • Con il secondo motivo contesta inoltre l’omessa motivazione sulle questioni che risultano inconciliabili con il dolo specifico del reato, visto che la società di cui era il L.R ha prodotto in giudizio i modelli F24 pagati nel 2011 e ha adempiuto all’obbligo di presentare le dichiarazioni del 2010 e del 2012. Tutti elementi che il giudice di primo grado avrebbe dovuto utilizzare per una ricostruzione alternativa dei fatti e in relazione ai quali la Corte d’Appello avrebbe dovuto spiegare il perché tali prove sono state giudicate inidonee a dimostrare l’insussistenza del dolo specifico del reato di evasione.

Non basta il mandato al commercialista per non incorrere nel reato di evasione

La Cassazione con la sentenza n. 16469/2020 rigetta il ricorso perché infondato, esaminando congiuntamente i due motivi del ricorso poiché entrambi vertono sul dolo specifico del reato di evasione, la cui prova “nel delitto di omessa dichiarazione di cui all’art. 5, D.Igs. 10 marzo 2000, n. 74, può essere desunta dall’entità del superamento della soglia di punibilità vigente, unitamente alla piena consapevolezza, da parte del soggetto obbligato, dell’esatto ammontare dell’imposta dovuta.”

Per quanto riguarda invece la responsabilità del commercialista la Cassazione precisa che “Secondo la costante giurisprudenza, neppure l’affidamento ad un professionista dell’incarico di predisporre e presentare la dichiarazione annuale dei redditi esonera il soggetto obbligato dalla responsabilità penale per il delitto di omessa dichiarazione. Infatti, trattandosi di reato omissivo proprio, la norma tributaria considera come personale ed indelegabile il relativo dovere.”

La Cassazione ribadisce inoltre che non rileva “la circostanza che il commercialista non abbia correttamente assolto l’incarico affidatogli, secondo la prospettazione difensiva. Ed invero, la prova dell’assenza di colpa grava sul contribuente, il quale risponde per l’omessa presentazione della dichiarazione dei redditi da parte del professionista incaricato della relativa trasmissione telematica, ove non dimostri di aver vigilato sull’incaricato. Infatti, in tema di dichiarazioni fiscali, il contribuente non assolve agli obblighi tributari con il mero affidamento ad un commercialista a cui dà mandato a trasmettere in via telematica le dichiarazioni medesime alla competente Agenzia delle Entrate, essendo tenuto a vigilare affinché tale mandato sia puntualmente adempiuto, sicché la sua responsabilità è suscettibile d’esclusione solo in caso di comportamento fraudolento del professionista, finalizzato a mascherare il proprio inadempimento.”

Per gli Ermellini inoltre i giudici di merito hanno valorizzato correttamente, ai fini dell’indagine sul dolo, due elementi a carico dell’imputato, ossia l’assunzione alle proprie dipendenze di lavoratori irregolari, come accertato dalla Guardia di Finanza e il mancato versamento delle imposte sul reddito e sul valore aggiunto relative all’anno in esame. Non solo, essi hanno dato il giusto valore al fatto che “in data 8 luglio 2014 l’Agenzia delle Entrate di Milano aveva regolarmente notificato l’avviso di accertamento mediante consegna di copia al portiere dello stabile dove risiedeva l’imputato e mediante invio della comunicazione di avvenuta notifica.

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