Divorzio: casa assegnata a ex moglie, canone di locazione all’ex marito

Per la Cassazione (ordinanza n. 12058/2020) tale pagamento può essere disposto come integrazione del contributo a favore della prole.

Il giudice della separazione e del divorzio può porre a carico del coniuge con maggiori disponibilità economiche l’onere del pagamento del canone di locazione dell’immobile adibito a casa familiare, ad integrazione del contributo in favore della prole. Ciò vale anche nel caso in cui il bene sia assegnato alla moglie, in qualità di collocataria dei figli, indipendentemente dall’intestazione del contratto di locazione.

Così ha deciso la Corte di Cassazione con l’ordinanza del 29 gennaio – 22 giugno 2020, n. 12058

La vicenda

Marito e moglie, dopo la separazione, avviano le pratiche per il divorzio. In primo grado, il Tribunale dichiara la cessazione degli effetti civili del matrimonio, stabilisce un assegno mensile a favore delle figlie della coppia (700 euro per una e 800 euro per l’altra), un assegno di mantenimento alla ex moglie (pari a 600 euro), oltre al pagamento del canone di locazione della casa coniugale, come integrazione del mantenimento delle figlie. In sede di gravame, la Corte d’Appello riforma la sentenza e revoca l’assegno a favore dell’ex coniuge, lasciando inalterate le altre statuizioni. L’uomo si oppone a tale decisione, in quanto ritiene di non dover provvedere al pagamento del canone locatizio, stante l’assegnazione dell’immobile alla ex moglie e in considerazione dell’aumento di reddito della stessa. Si giunge così in Cassazione.

Criteri per l’attribuzione dell’assegno divorzile

La donna si duole del fatto che il giudice del gravame abbia eliminato l’assegno divorzile assegnatole in primo grado. Infatti, la disponibilità patrimoniale dell’uomo superava significativamente la propria, in quanto lo stipendio mensile era pari al triplo di quanto da lei percepito (circa 6 mila euro dell’ex marito contro i 1.600/1800 della donna). La Suprema Corte rileva come la doglianza della donna, in verità, si traduca in una critica alla valutazione degli elementi probatori da parte del giudice di merito e sia volta ad ottenere una nuova valutazione degli stessi. Orbene, un siffatto giudizio è inammissibile in sede di legittimità, inoltre, la decisione gravata risulta conforme alla recente decisione delle Sezioni Unite (sentenza n. 18287/2018). La suddetta pronuncia chiarisce la finalità svolta dall’assegno di divorzio, previsto a favore dell’ex coniuge ai sensi dell’ art. 5, c. 6 legge n. 898/1970.Trattasi di una funzione:

  • assistenziale,
  • in pari misura compensativa e perequativa.

Il riconoscimento dell’assegno postula l’accertamento:

  • dell’inadeguatezza dei mezzi dell’ex coniuge,
  • dell’impossibilità di procurarseli per ragioni oggettive.

La valutazione sugli elementi di cui sopra deve avvenire applicando i criteri equiordinati previsti dalla mentovata disposizione, ossia:

  • le condizioni economico-patrimoniali dei coniugi,
  • il contributo personale ed economico dato da ognuno alla conduzione familiare ed alla formazione del patrimonio di ciascuno o di quello comune,
  • il reddito di entrambi,
  • in rapporto alla durata del matrimonio e all’età dell’avente diritto.

I succitati elementi costituiscono il parametro a cui il giudice deve attenersi per decidere sia sulla attribuzione sia sulla quantificazione dell’assegno.

Infine, oltre alle menzionate funzioni, l’assegno divorzile svolge anche un ruolo di riequilibratore del reddito degli ex coniugi, nondimeno esso non deve mirare alla ricostituzione del tenore di vita goduto in costanza di matrimonio, «ma al riconoscimento del ruolo e del contributo fornito dall’ex coniuge economicamente più debole alla formazione del patrimonio della famiglia e di quello personale degli ex coniugi».

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