Coniuge con figlio minore si trasferisce dal convivente: assegnazione di casa familiare e mantenimento vanno revocati

La ratio dell’art. 337-sexies c.c. è garantire la conservazione dell’«habitat» domestico dei figli minori e postula la permanenza del legame ambientale del minore con l’abitazione.

La pronuncia – sotto forma di ordinanza – del Tribunale di Salerno in commento si palesa interessante sotto diversi profili.

La decisione è stata assunta in conseguenza del ricorso, introdotto nel corso del giudizio di separazione, con il quale il coniuge ha chiesto al Tribunale la revoca del diritto alla assegnazione della casa coniugale e la revoca dell’assegno di mantenimento.

Il fatto

In via preliminare occorre osservare che, nel caso di specie, in fase presidenziale, il Tribunale aveva attribuito alla moglie il diritto di assegnazione, nell’interesse del minore, della casa coniugale, di proprietà esclusiva del ricorrente.

Nella medesima sede il Tribunale aveva disposto il mantenimento in favore della moglie, della somma di €.550,00 oltre che il mantenimento del figlio.

Mutata la situazione di fatto, avendo il coniuge assegnatario dell’immobile lasciato la casa coniugale ed avendo intrapreso una convivenza stabile con altra persona, il ricorrente chiese la modifica delle condizioni della separazione.

Il coniuge assegnatario si difendeva evidenziando di aver dovuto lasciare l’immobile per le condizioni di degrado in cui versava a causa della omessa manutenzione da parte dell’altro coniuge proprietario.

La decisione

Ciononostante il Tribunale ha accolto la domanda di revoca dell’assegnazione e ciò sulla base dell’opportuno richiamo ai principi in materia, ricordando che la “ratio della regola posta dall’ art. 337 sexies c.c. è quella di garantire la conservazione dell’«habitat» domestico dei figli minori e postula la permanenza del legame ambientale del minore con l’abitazione, legame che nel caso di specie deve ormai dirsi venuto meno atteso che il minore vive stabilmente presso altra abitazione da un anno e mezzo (a prescindere dalle circostanze di fatto che hanno indotto la ricorrente a trasferirsi presso l’abitazione del proprio compagno)”.

Dalla pronuncia in esame è agevole evincere il principio per cui non è rilevante il motivo per cui il coniuge assegnatario abbia dovuto lasciare l’immobile, quand’anche imputabile all’altro coniuge proprietario dell’immobile per l’omessa manutenzione.

Ciò non giustifica il distacco del minore rispetto al proprio habitat e, quindi, una volta che il minore abbia dovuto soffrire quel distacco e, dunque, non conservi più un legame ambientale con l’abitazione, non sussiste e viene meno il presupposto per l’assegnazione dell’immobile.

Se ne ricava, quale altro corollario, che il coniuge assegnatario di un immobile di proprietà altrui dovrà, anziché lasciare l’immobile, promuovere tutte le azioni necessarie per far sì che il proprietario effettui le opere necessarie, essendo diritto del minore quello di conservare il proprio riferimento abitativo.

La pronuncia in esame, però, si palesa rilevante anche in quanto si inscrive nel solco della giurisprudenza più recente (Cass. civ. sez. I 19.12.2018 n. 32871) che riconosce l’incompatibilità ontologica fra la convivenza more uxorio e la conservazione del diritto al mantenimento e ciò anche in sede di separazione.

A tal proposito, il Tribunale osserva che non può discorrersi di ospitalità, siccome pur allegato dalla controparte, in quanto una convivenza che si protrae da oltre un anno e mezzo non può dirsi temporanea e la temporaneità è proprio la caratteristica principale della ospitalità.

A chiosa di tale passaggio si può solo aggiungere che, anche in relazione alla convivenza, non sono rilevanti i motivi per cui si lasci l’immobile casa coniugale per trasferirsi altrove essendo rilevante la convivenza in sé senza poter addurre che la convivenza sia cominciata per cause connesse alla omessa manutenzione dell’immobile casa coniugale da parte del proprietario.

Quand’anche la casa coniugale diventi inabitabile, tale fatto non può essere motivo per iniziare una convivenza, la cui rilevanza costituzionale fa presumere chiaramente, una comunanza di intenti e di vita, tale da escludere la sussistenza del diritto al mantenimento.

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