Quali sono le cause che determinano lo scioglimento della comunione legale tra moglie e marito e da quale momento ciò produce effetti.
Non appena si sposano i coniugi entrano automaticamente nel regime della comunione legale dei beni, salvo diversa volontà da comunicare espressamente all’atto del matrimonio. In conseguenza di ciò, tutti gli acquisti effettuati da ciascuno di essi, successivi al matrimonio stesso, sono di proprietà di entrambi. Ciò significa che, indipendentemente da chi ha pagato il bene, questo è per metà del marito e per l’altra metà della moglie. E tale rimane fino a quando non interviene un’eventuale separazione tra i coniugi. Ma come si scioglie la comunione legale dei beni? È possibile ottenere una divisione senza dover per forza procedere al divorzio?
È sempre possibile, all’atto del matrimonio o anche successivamente scegliere un regime patrimoniale diverso dalla comunione dei beni, come appunto la separazione dei beni. In questo ultimo caso, i beni acquistati durante il matrimonio sono di esclusiva proprietà del coniuge acquirente. Il che costituisce anche una garanzia nei confronti di eventuali creditori: difatti, in tale caso, dei debiti di un coniuge non risponde anche l’altro, attesa la divisione dei due patrimoni.
In questo breve articolo spiegheremo come si scioglie la comunione legale dei beni e risponderemo, sul tema, alle domande più frequenti che di solito si possono porre. Ma procediamo con ordine.
Cause di scioglimento della comunione legale dei beni
La legge elenca alcuna cause tassative di scioglimento della comunione dei beni. Tali cause, che approfondiremo qui di seguito, sono:
- separazione personale dei coniugi;
- divorzio, annullamento o nullità del matrimonio;
- richiesta di separazione dei beni;
- morte;
- fallimento (oggi chiamato “liquidazione giudiziale”);
- dichiarazione di assenza;
- dichiarazione di morte presunta.
Come si scioglie la comunione legale con la separazione tra coniugi
Nel momento in cui i coniugi decidono di mettere fine al matrimonio, devono prima intraprendere la separazione e, successivamente, il divorzio. Tra la prima e il secondo devono decorrere non meno di sei mesi se la separazione è avvenuta in via consensuale ed un anno se invece è avvenuta in via giudiziale (ossia con una causa, in assenza di accordo tra le parti).
La comunione dei beni dei coniugi si scioglie già con la separazione, senza necessità di dover attendere il divorzio. Ovviamente, tale effetto si produce indifferentemente dal fatto che si tratti di separazione consensuale o giudiziale. Tuttavia, la differenza rileva ai fini del momento in cui può dirsi sciolta la comunione. E in particolare:
- nella separazione giudiziale, la comunione si scioglie con la prima udienza presidenziale, non appena il presidente del tribunale autorizza i coniugi a vivere separati;
- nella separazione consensuale, la comunione si scioglie alla data di sottoscrizione del verbale dinanzi al presidente, purché omologato.
In tali casi, quindi, i coniugi che vogliono sciogliere la comunione devono ricorrere al giudice del tribunale di residenza che, all’esito del giudizio, scioglierà anche il matrimonio.
L’ordinanza con cui i coniugi sono autorizzati a vivere separati è comunicata all’ufficiale dello stato civile ai fini dell’annotazione dello scioglimento della comunione legale.
Come noto, però, il matrimonio si può sciogliere anche in via consensuale tramite un accordo siglato con l’assistenza dei rispettivi avvocati (la cosiddetta «negoziazione assistita») o in Comune (in tal caso solo se non ci sono figli minori, portatori di handicap o maggiorenni non ancora autosufficienti e sempre che tra le parti non vi siano patti di divisione dei beni). In tali casi, lo scioglimento della comunione si verifica:
- in caso di negoziazione assistita dagli avvocati, dal momento dell’autorizzazione o del nullaosta del pm;
- in caso di accordo davanti al sindaco, dal momento della conferma dell’accordo da parte del sindaco.
La riconciliazione dei coniugi comporta il ripristino automatico del regime di comunione originariamente adottato, con la sola esclusione degli acquisti effettuati durante il periodo di separazione e fatta salva la possibilità di invocare l’effetto pubblicitario derivante dall’annotazione a margine dell’atto di matrimonio delle dichiarazioni rivelatrici della volontà riconciliativa.
Come si scioglie la comunione legale con il divorzio o l’invalidità del matrimonio
Se la separazione fa sciogliere la comunione legale, questa cessa definitivamente con il divorzio, o meglio con l’annotazione da parte dell’ufficiale di stato civile della sentenza di divorzio una volta divenuta definitiva (ossia della sentenza che scioglie il matrimonio civile o che dichiara la cessazione degli effetti civili del matrimonio concordatario).
La comunione legale inoltre si scioglie dal momento:
- del passaggio in giudicato della sentenza che dichiara l’invalidità del matrimonio civile.
- della delibazione della sentenza ecclesiastica di nullità del matrimonio concordatario.
Ricordiamo che, in determinati casi, la legge ammette il divorzio diretto, senza necessità di separazione. Ciò avviene solo quando:
- viene accertato il compimento di reati particolarmente gravi a carico di uno dei coniugi;
- se il coniuge ottiene all’estero l’annullamento o lo scioglimento del proprio matrimonio o se contrae all’estero un nuovo matrimonio;
- quando il matrimonio non è stato consumato (a prescindere dalle ragioni);
- nel caso in cui sia passata in giudicato la sentenza di rettificazione di attribuzione del sesso.
In queste ipotesi è il divorzio che scioglie ed elimina definitivamente la comunione dei beni.
Richiesta di separazione dei beni tramite notaio
Durante il matrimonio i coniugi possono chiedere, in qualsiasi momento, il passaggio dal regime di comunione a quello di separazione dei beni. Di solito, raggiunto l’accordo, marito e moglie si recano dal notaio per mutare il regime patrimoniale. Questo chiaramente non implica anche la separazione personale dei coniugi che continuano a restare sposati, con l’unica differenza che ciascuno dei due resta proprietario dei beni che, da quel momento in poi, acquisterà, mentre i precedenti andranno divisi.
Ma come si scioglie la comunione tramite notaio? Nulla di più semplice: marito e moglie devono contattare un notaio che procederà a tutto. Il costo dell’atto varia tra 1.000 e 2.000 euro.
Viene così stipulato un atto pubblico consensuale per la formazione del quale devono essere presenti e capaci entrambi i coniugi e due testimoni a pena di nullità.
Il notaio, entro 30 giorni dalla data dell’atto, deve richiederne l’annotazione a margine dell’atto di matrimonio negli atti dello stato civile. Da questo momento in poi la coppia che prima era in comunione dei beni entra ufficialmente nel regime di separazione dei beni.
La convenzione deve essere trascritta nei registri immobiliari se ha ad oggetto beni immobili.
Richiesta di separazione dei beni tramite il giudice
La richiesta di separazione durante il matrimonio può avvenire anche in via giudiziale. In particolare, ciascun coniuge può richiedere al tribunale del luogo dove ha residenza la famiglia la separazione giudiziale dei beni instaurando un giudizio nei confronti dell’altro coniuge. La domanda può essere proposta quando si verifichi una delle seguenti ipotesi:
- uno dei coniugi è stato interdetto o inabilitato;
- la comunione è male amministrata;
- il disordine degli affari di uno dei coniugi o la condotta da questi tenuta nell’amministrazione dei beni mette in pericolo gli interessi dell’altro o della comunione o della famiglia;
- uno dei coniugi, contrariamente a quanto la legge gli impone, non contribuisca ai bisogni della famiglia in misura proporzionale alle proprie sostanze e capacità di lavoro.
La sentenza con la quale il tribunale pronuncia la separazione ha effetto retroattivo al momento della notifica dell’atto introduttivo del giudizio, fatti salvi i diritti dei terzi.
La sentenza deve essere annotata a margine dell’atto di matrimonio e sull’originale delle convenzioni matrimoniali e va trascritta nei registri immobiliari.
Scioglimento della comunione dei coniugi per morte
Con la morte di uno dei coniugi si scioglie la comunione legale. A cadere in successione, ai fini della divisione con tutti gli eredi, è solo la quota del coniuge deceduto, ossia il 50% del valore di ogni bene, mentre l’altro 50% resta di proprietà del coniuge superstite (a cui compete comunque il diritto di abitazione nella casa coniugale).
Scioglimento della comunione per fallimento del coniuge
La sentenza che dichiara il fallimento (o meglio la «liquidazione giudiziale») di uno dei coniugi determina lo scioglimento della comunione legale dal momento del deposito della sentenza stessa.
Da tale momento i coniugi sono in separazione dei beni; i beni che ricadevano nella comunione legale sono in comunione ordinaria fra i coniugi fino a quando non procedano consensualmente o giudizialmente, alla divisione che può essere richiesta anche dal curatore fallimentare.
Scioglimento della comunione per dichiarazione di assenza o morte presunta
Lo scioglimento della comunione a seguito della dichiarazione di assenza e della dichiarazione di morte presunta si verifica dal momento in cui:
- la sentenza che dichiara l’assenza o la morte presunta passa in giudicato e viene annotata sull’originale l’avvenuta pubblicazione sulla gazzetta ufficiale e sul sito del ministero della Giustizia dell’estratto della sentenza stessa:
- la dichiarazione di assenza o morte presunta è annotata a margine dell’atto di matrimonio.
Cosa succede quando si scioglie la comunione?
Quando si scioglie la comunione, i beni precedentemente acquistati dai coniugi andranno divisi tra di loro. Se il matrimonio prosegue, i beni acquistati successivamente allo scioglimento della comunione rientrano nel regime di separazione dei beni e, pertanto, sono di proprietà di chi li ha pagati.
Per quanto attiene alla divisione dei beni rientranti nella precedente comunione, questa procede secondo un accordo stretto tra i coniugi (ad esempio assegnazione diretta dei beni a ciascuno dei due o vendita e divisione del ricavato). In assenza di accordo, a procedere alla divisione della comunione è il giudice su richiesta di uno o di entrambi i coniugi.