La Cassazione ribadisce che l’accertamento strumentale non è l’unico esame per dimostrare il danno alla salute c.d. micropermanente. Utilizzabili con rigore tutti i criteri medico-legali.
Colpo di frusta risarcibile anche senza radiografia
Per dimostrare il danno alla salute c.d. micropermanente subìto a seguito di un sinistro stradale è possibile utilizzare tutti i criteri medico-legali, ovvero: l’esame obiettivo (criterio visivo); l’esame clinico; gli esami strumentali.
Per ottenere il risarcimento a seguito del “colpo di frusta”, dunque, non è indispensabile la radiografia, in quanto una corretta criteriologia accertativa medico-legale non si limita a considerare solo la storia clinica documentata della vittima, ma ricorre altresì all’analisi della “vis lesiva” e della sintomatologia, all’esame obiettivo, alla statistica clinica.
Lo ha chiarito la Corte di Cassazione, sesta sezione civile, nell’ordinanza n. 20339/2020 (sotto allegata) pronunciandosi sul ricorso di un conducente e del trasportato, vittime di un tamponamento. Il giudice a quo, aderendo all’interpretazione restrittiva formulata dalla compagnia assicurativa, aveva negato la risarcibilità del danno biologico permanente non strumentalmente accertato.
In particolare, secondo l’interpretazione data dell’art. 139 cod. ass., questi riteneva non risarcibile il danno biologico permanente di lieve entità in assenza di una dimostrazione data strumentalmente. Una conclusione che si pone in contrasto con la recente giurisprudenza di Cassazione, a partire dalla sentenza 18773/2016, il cui orientamento viene riconfermato dalla sesta sezione civile che accoglie il ricorso dei danneggiati.
La prova del danno alla salute
In particolare, gli Ermellini hanno ripetutamente affermato (cfr. tra le più recenti decisioni la n. 7753/2020; la n. 5820/2019, la n. 10816/2019) che il danno alla salute può essere provato con fonti di prova diverse dai referti di esami strumentali e che non vi sono limiti normativamente imposti alla risarcibilità del danno.
Tuttavia, questo il punto indispensabile, il risarcimento di qualsiasi danno (e non solo di quello alla salute) presuppone che chi lo invochi ne dimostri l’esistenza “al di là di ogni ragionevole dubbio”. Per contro, non è nemmeno pensabile che possa pretendersi il risarcimento di danni semplicemente ipotizzati, temuti, eventuali, ipotetici, possibili, ma non probabili.
Una conclusione che, dal punto di vista letterale, trova fondamento nella definizione normativa di danno biologico, essendo tale solo quello “suscettibile di accertamento medico legale”, cioè quello la cui esistenza sia dimostrabile non già sulla base di mere intuizioni, illazioni o suggestioni, ma sulla base di una corretta criteriologia accertativa medico-legale.
Il ruolo degli esami strumentali
Tale criteriologia, spiegano i giudici, non si limita ovviamente a considerare solo la storia clinica documentata della vittima.
Essa ricorre altresì all’analisi della “vis lesiva” e della sintomatologia, all’esame obiettivo, alla statistica clinica, tant’è vero che “un corretto accertamento medico-legale potrebbe pervenire a negare l’esistenza di un danno permanente alla salute (o della sua derivazione causale dal fatto illecito) anche in presenza di esami strumentali dall’esito positivo (come nel caso d’una frattura documentata radiologicamente, ma incompatibile con la dinamica dell’infortunio per come emersa dall’istruttoria).
All’opposto, ben potrebbe pervenire ad ammettere l’esistenza d’un danno permanente alla salute anche in assenza di esami strumentali, quando ricorrano indizi gravi, precisi e concordanti, ai sensi dell’art. 2729 c.c., dell’esistenza del danno e della sua genesi causale”.
Danno micropermanente: come dimostrarlo
Per la Cassazione, sono da considerarsi irrilevanti in relazione all’argomento di cui trattasi le decisioni della Corte costituzionale richiamate dal Tribunale, ovvero la n. 235/2014 e la n. 242/2015, come a contrario ritenuto dall’assicurazione resistente.
Dando continuità ai precedenti di legittimità, la Cassazione ribadisce che l’accertamento del danno alla persona non può che avvenire servendosi della rigorosa applicazione dei criteri medico-legali fissati da una secolare tradizione e dunque: l’esame obiettivo (criterio visivo); l’esame clinico; gli esami strumentali.
Il Tribunale non si è attenuto a tali principi in quanto, a contrario, ha negato che un danno micropermanente possa essere accertato e quindi risarcito in assenza di diagnostica strumentale, ritenendo di condividere la consulenza tecnica nella quale si affermava che i danni permanenti lamentati fossero insuscettibili di accertamento strumentale.
Tale valutazione ha effettivamente violato l’art. 138 cod. ass., perché ha escluso la risarcibilità di un danno “suscettibile di accertamento medico legale” solo perché quell’accertamento era stato compiuto senza l’ausilio di indagini strumentali.
Tuttavia, conclude la Suprema Corte, non è l’assenza di riscontri diagnostici strumentali a impedire il risarcimento del danno alla salute con esiti micropermanenti, ma piuttosto l’assenza di una ragionevole inferenza logica della sua esistenza stessa, compiuta sulla base di qualsivoglia elemento probatorio o anche indiziario, purché in quest’ultimo caso munito dei requisiti di cui all’art. 2729 c.c. (cfr. Cass. n. 31072/2019).