Disposto l’affidamento esclusivo del figlio in favore della madre a causa della violenza economica operata dal padre inadempiente e ostruzionista.
Perde l’affidamento condiviso del figlio minore il padre che si ostina a non versare il mantenimento: secondo una nuova sentenza del Tribunale di Roma è responsabile di «violenza economica».
La violenza economica è sostanzialmente un ricatto, un sopruso con cui la parte più forte approfitta del denaro che ha per usarlo come uno strumento di potere nei confronti della parte più debole, che dispone di minori mezzi e così è coartata nelle sue possibilità di scelta.
In questo caso si trattava di un padre che, pur di non pagare l’assegno – che non aveva corrisposto per lungo tempo, rivelandosi «totalmente inadempiente per periodi prolungati» – si era anche spogliato dell’unico immobile di sua proprietà.
L’uomo si era anche ostinatamente rifiutato di comunicare con la ex moglie, anche per ciò che riguardava le questioni riguardanti la crescita del figlio, fino al punto di non consegnarle la dichiarazione dei redditi, necessaria per fruire delle agevolazioni alla mensa scolastica del bambino.
Il Tribunale ha ravvisato in questa condotta un vero e proprio ostruzionismo, che ha reso impossibile la bigenitorialità; la mancanza di qualsiasi dialogo e rapporto tra la madre e il padre del bambino, tutta imputabile al padre, non consentiva la prosecuzione dell’affidamento condiviso.
Così ha stabilito l’ affidamento esclusivo del figlio alla madre: d’ora in poi sarà solo lei ad assumere le decisioni più importanti per la vita del minore, senza necessità di ricevere quel contributo, morale e materiale, che il padre si è costantemente rifiutato di fornire per anni.
Il giudice ha applicato in questo caso la Convenzione di Istanbul sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne, ratificata dall’Italia nel 2013, che equipara alle varie forme di violenza domestica anche la violenza economica.
Nella fattispecie, l’ex marito aveva creato una situazione che di fatto impediva l’indipendenza economica della moglie e madre del bambino e la aveva posta in uno stato di difficoltà e di soggezione.
La moglie aveva tentato di ipotecare l’immobile dell’ex consorte, per far valere la somma degli assegni fino a quel momento non pagati soddisfandosi su quel bene, ma egli lo aveva ceduto ai suoi genitori (senza corrispettivo e senza addurre validi motivi), affermando di non riuscire a pagare le rate del mutuo.
Infine, la donna ha ottenuto l’emanazione di un ordine all’attuale datore di lavoro dell’ex coniuge (che in precedenza aveva intrapreso e cessato altre attività, sostenendo di aver sempre ottenuto reddito zero e infine era diventato dipendente) di corrispondere direttamente a lei l’importo dell’assegno per il figlio, anziché tentare inutilmente di riscuoterlo dal padre.
In sede penale l’uomo che non aveva corrisposto l’assegno di mantenimento del figlio minore era già stato condannato per il reato di violazione degli obblighi di assistenza familiare, con una sentenza non definitiva in quanto appellata dall’imputato.